22 Agosto 2022, i Pirenei. Prima tappa del Cammino Francese, ma 52esima per me. Non dormo bene: la tendinite non mi dà tregua. Alle 4 del mattino le prime persone iniziano a svegliarsi, tra cui Mauro, che è nella mia stessa stanza. Si vede che è al primo giorno: cerca di fare piano ma fa comunque un po’ di casino. Quando lo vedo uscire penso di potermi riaddormentare, ma mi sbaglio. Dopo qualche minuto rientra in camera e, purtroppo per lui (e per noi), il pavimento cigola parecchio. Mentre cammina allarga le braccia in un gesto silenzioso di imprecazione: questa scena mi fa molto ridere.

Alle 6 mi alzo anch’io, mi preparo e vado giù per la colazione. Poco dopo mi raggiunge Filippo, con cui inizierò la tappa. Quando lo vedo uscire dall’ostello rimango alquanto sorpreso dal suo abbigliamento: ha uno zaino tipo scolastico con attaccato un enorme sacco a pelo, e ai piedi un paio di scarpe che forse vanno bene per una passeggiata pomeridiano in centro città. Ma ognuno è responsabile di se stesso, quindi partiamo.

La salita comincia praticamente subito, e purtroppo il tempo non è dei migliori: anzi, è previsto un peggioramento. Ben presto Filippo mi saluta: il suo passo è molto veloce. Io, con la mia tendinite, devo mantenere un ritmo lento ma costante. Come avevo letto, il tratto iniziale è il più duro, con pendenze veramente toste. Comincia anche a piovere leggermente e la nebbia si fa sempre più fitta. Per chi è al primo giorno, questa tappa può risultare davvero difficile.

Poco a poco raggiungo una ragazza che mi precede: cammina con passi lunghi e veloci, ma si ferma ogni dieci passi. In salita è preferibile fare passi corti e regolari. Quando la raggiungo, sembra già esausta. Non mi fermo,  la guardo e le dico “Courage”, come mi dicevano sempre i francesi lungo la strada.

La pioggerellina è sempre più insistente. Portando gli occhiali, la cosa è piuttosto fastidiosa: devo asciugarli ogni cinque minuti per vedere qualcosa, anche se ormai è tutto avvolto nella nebbia. È la prima volta che sento davvero freddo: dopo il caldo torrido della Francia, non mi lamento, ma il tempo è davvero da “lupi”. All’improvviso, in questo scenario completamente bianco, appare un furgoncino che vende bevande e cibo. Ne approfitto per una pausa e un bel caffè caldo per scaldarmi.

Riprendo a salire. Riconosco alcuni luoghi visti nel film The Way (in italiano, Il Cammino per Santiago), e mi viene in mente che mancherebbe solo fare la fine del figlio del protagonista, all’inizio del film… Ormai la parte più dura della salita è passata, anche se si continua a salire dolcemente, immersi nella nebbia. Chi aveva fatto il cammino prima di me mi aveva raccontato che questa tappa è una delle più belle in assoluto, con paesaggi spettacolari — io purtroppo vedo solo bianco. Mi toccherà guardare le foto su internet per capire cosa mi sono perso.

Finalmente arrivo in cima. I 1200 metri di dislivello sono alle spalle, e la caviglia sta reggendo. Tra l’altro, sono facilmente riconoscibile: sono l’unico con una evidente fasciatura alla caviglia — anche se nei prossimi giorni inizieranno a comparire fasciature su almeno il 50% dei pellegrini. Quando nella nebbia compare il cippo con la scritta Navarra, mi fermo qualche minuto a guardarlo. Non ci credo: sono arrivato in Spagna. Finalmente la Spagna! L’ho sognata, l’ho desiderata, e ora è qui. Mi emoziono: è un altro traguardo raggiunto nel mio cammino.

Successivamente raggiungo il rifugio, che si può usare in caso di emergenza. Faccio una piccola pausa, ma il freddo mi costringe a ripartire in fretta. Al bivio seguente non seguo le indicazioni del cammino, ma prendo la strada asfaltata come mi aveva suggerito la volontaria ieri, per preservare un po’ di più la mia caviglia. In discesa soffro molto di più, ma per fortuna sono pochi chilometri. Arrivo a Roncesvalles percorrendo la strada nazionale. Sono passate otto ore e mezza dalla partenza da Saint-Jean-Pied-de-Port.

L’albergue de Peregrinos è enorme, è il più grande di tutto il cammino. I pellegrini sono ovunque. Mi assegnano un letto, ma purtroppo è al piano inferiore, praticamente in cantina. I letti a castello lì sono più vecchi rispetto a quelli nuovi e comodi che si trovano ai piani superiori. Mi sento un po’ spaesato con tutta questa gente: fino a ieri dormivo con al massimo quattro o cinque persone in camera. Qui, solo nel piano interrato, siamo più di cinquanta; in tutto l’albergue saremo almeno in duecento.

Per cena mi reco al ristorante che mi è stato assegnato all’accettazione, all’orario previsto. Un cameriere simpatico ci divide ai tavoli per nazionalità — o almeno ci prova. Finisco a tavola con Valentina e Marco, due ragazzi di Milano appena arrivati in autobus. Devono ancora iniziare il cammino. Mi sembrano un po’ in imbarazzo quando gli dico che sono partito dall’Italia… ma in realtà lo sono anch’io nel raccontarlo (una sensazione che proverò anche nei giorni successivi).

Dopo cena torno nell’ostello, nella mia “ghiacciaia” al piano inferiore. Mi infilo nel sacco a pelo per riscaldarmi. Attorno a me c’è un gruppo di canadesi, e si continua a sentire parlare francese. Quando ormai stiamo per addormentarci, arrivano gli ultimi pellegrini. Sono quasi le 22.

Total distance: 27643 m
Max elevation: 1481 m
Total time: 08:33:27
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